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Che cosa si intente per fornitura di beni e servizi non richiesta? E nel caso, come tutelarsi?
La Corte di Cassazione Civile, sez. III – n. 261/2021 è tornata a pronunciarsi sul punto, chiarendo i limiti entro i quali si configura il contratto non richiesto e quali sono gli strumenti che l’ordinamento giuridico offre a chi si trova coinvolto in pratiche scorrette e ingannevoli, messe principalmente in atto dai fornitori di gas, luce, acqua ed elettricità.
Per contratto di fornitura non richiesto si intende un contratto che il cliente ritiene di non aver mai stipulato, oppure un contratto concluso in forza di una pratica commerciale ingannevole.
La Suprema Corte la definisce ” fornitura di beni o di servizi, che comporti una controprestazione economica per la quale il cliente non abbia preventivamente manifestato il proprio consenso e/o non ne abbia previamente ordinato l’esecuzione”.
In tal caso il contratto è nullo e/o inesistente e la prestazione indebitamente versata al fornitore deve essere immediatamente rimborsata.
Qualora il cliente rivesta la qualità di consumatore, l’unica disciplina applicabile è quella prevista dal Codice del Consumo, il cui carattere imperativo prevale su qualsiasi Delibera dell’ARERA di segno contrario.
La nullità del contratto non richiesto comporta il diritto all’immediato rispristino della fornitura con il venditore precedente, alle condizioni contrattuali effettivamente prestate, e l’inefficacia di qualunque richiesta di pagamento avanzata.
Con sentenza n. 624/2016 il Giudice di Pace di Pisa ha avallato la possibilità di ottenere un quid pluris, riconoscendo al consumatore rimasto vittima di pratiche ingannevoli da parte dei fornitori di luce e gas, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, stante il comportamento di indubbia malafede da parte del fornitore dando esecuzione ad un contratto che non si era perfezionato. Si noti che, aggiunge ulteriormente il giudice, nessun rilievo possono avere le direttive dell’Autorità Garante sia perché non hanno alcun valore coattivo nei confronti del consumatore, sia perché non escludono (ne potrebbero) il legittimo diritto di quest’ultimo ad essere risarcito.
Negli anni, si è fatto ormai granitico e consolidato l’orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità che ammette, pur con una quantificazione rimessa al prudente apprezzamento del giudice, il diritto del consumatore rimasto vittima di meccanismi prodotti dall’attività seriale di fornitori di servizi, ad essere risarcito per lo stato di apprensione legato a comportamenti illegittimi del soggetto erogatore del servizio.
Avv. Francesca Pepa