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Il carattere di istruzione preventiva colloca l’art 696 bis sotto la rubrica del titolo I del libro IV del codice di procedura civile.
Lo scopo della norma è quello di consentire alla parte di evitare la lungaggine processuale e arrivare immediatamente ad una consulenza tecnica di ufficio che, anticipando una prova chiave per il futuro ed eventuale processo, potrà essere dirimente per la costituzione della lite.
L’unico punto spinoso dell’accertamento tecnico preventivo era quello relativo al fatto che veniva imposto a parte ricorrente l’obbligo di anticipare le spese.
Questo punto ha dato origine ad una questione di possibile illegittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Firenze, che in un caso di responsabilità medica regolato dalla legge 24/2017, aveva disposto l’accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art 696 bis c.p.c, disponendo, contrariamente a quanto di consueto, che l’acconto dovesse essere versato ai CTU dalle parti in solido, così eccependo l’illegittimità della norma nella parte in cui è previsto che sia il solo danneggiato ad anticipare tutte le spese di CTU.
Di qui la non manifesta infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale.
Le eccezioni sollevate dal Tribunale fiorentino muovevano principalmente sulla questione di disparità di trattamento determinata da condizioni economiche (art. 3 Cost.) e sull’accesso differenziato alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), facendo presente che i costi della mediazione, procedura alternativa all’ ATP, oltre che di gran lunga inferiori, si rilevano soltanto nel momento in cui è eseguita, essendo libera la partecipazione o meno del convenuto.
Oggi, post legge 24/2017, la Corte sottolinea che il comma 2 dell’art. 8, nel configurare il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. quale condizione di procedibilità della domanda di risarcimento, lascia libera scelta al ricorrente a quale procedura aderire. L’ ATP, afferma la Corte, non corrisponde ad un atto processuale necessario; il ricorrente potrebbe sempre scegliere (anche ai fini dell’avveramento della condizione di procedibilità) la via meno onerosa della mediazione di cui al d.lgs. n. 28 del 2010, dove i costi della CTU, se espletata, sono posti a carico solidale delle parti ex art. 16, comma 11, del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180.
Pertanto, la previsione normativa censurata non crea, a parere della Corte, “un ostacolo, eccessivo e rigido, che – in ragione delle condizioni economiche del ricorrente, in ipotesi precarie, ma non tali da consentire l’accesso al patrocinio a spese dello Stato – possa pregiudicare il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.)”.
La Corte esclude anche la violazione di disparità di trattamento economico, facendo riferimento alle norme relative al gratuito patrocinio applicabile anche alla fattispecie in esame, concludendo che le norme che regolano le spese di giustizia (DPR 30/05/2002 n. 115) e gli articoli del Codice di procedura Civile in merito all’ argomento de quo (91,669-septies e 669- quaterdecies) prevedono sempre l’anticipazione delle spese da parte di chi dà impulso all’azione giudiziaria e che la liquidazione definitiva con l’attribuzione delle spese sia eseguita dal Giudice solo alla fine del procedimento.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 187/2021 pubblicata il 05/05/2021 ha quindi concluso dichiarando non anticostituzionale la procedura consueta per la quale, nei procedimenti civili in tema di responsabilità medica relativi all’ATP ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c, nonostante l’obbligatorietà per la procedibilità prevista dalla legge 24/2017, è la parte ricorrente che deve anticipare le spese, che saranno poi rimborsate alla fine del procedimento qualora dovesse risultare vittoriosa.